Si tratta di un’ iniziativa che arriva dopo che Eni ha comunicato alla rsu e alle segreterie sindacali territoriali la decisione di chiudere a fine 2022 la linea di produzione dei carburanti (mentre la linea lubrificanti resterà invece attiva), con 600 lavoratori a rischio. Un allarme che ieri ha fatto scattare da parte di Cgil Cisl Uil di categoria due ore di sciopero di tutti i lavoratori dell’ indotto. «Sul futuro dello stabilimento Eni di Livorno è urgente che il Governo convochi un tavolo nazionale, coinvolgendo la proprietà, le rappresentazioni sindacali dei lavoratori e le istituzioni interessate, a partire dalla Regione Toscana e dai Comuni di Livorno e di Collesalvetti: un obiettivo che la Giunta ha già individuato come fondamentale e che adesso diventa una priorità per tutto il Consiglio regionale», spiega il primo firmatario Francesco Gazzetti (Pd), seguito in quest’ iniziativa dalla sottoscrizione della proposta da parte di Francesco Torselli (FdI), Marco Landi (Lega), Irene Galletti (Movimento 5 Stelle), Marco Stella (Forza Italia) e Stefano Scaramelli (Italia Viva). «Si tratta di una proposta – prosegue Gazzetti – che trova il sostegno di tutti i gruppi consiliari e che giunge al termine di un lavoro di condivisione attento che è nostra intenzione perseguire anche grazie al costante aggiornamento, attraverso la Commissione competente, che chiediamo alla Giunta a fornire sul tavolo nazionale. Riteniamo, inoltre, necessario che anche il Consiglio regionale svolga un ruolo di monitoraggio e di acquisizione delle informazioni sul futuro del sito di Stagno. Tramite la Commissione competente chiediamo, infatti, di convocare i vertici di Eni per conoscere elementi sul futuro industriale dello stabilimento, a partire dal fondamentale aspetto del mantenimento degli attuali livelli occupazionali coinvolti e assolutamente funzionali alle ipotesi di riconversioni del sito nel segno dell’ economia circolare e della transizione ecologica, per come prospettati e incentivati dal Piano nazionale di ripresa e resilienza».

Le due ipotesi richiamate da Gazzetti rimandano ad altrettanti progetti industriali ventilati ma mai presentati ufficialmente da Eni: la creazione di una ‘bioraffineria’ sul modello di Venezia e Gela – dove Eni produce Hvo (hydrotreated vegetabil oil) a partire da oli vegetali, un prodotto usato per addizionare il gasolio fossile – e la realizzazione di un ‘gassificatore’ in grado di recuperare rifiuti non riciclabili. Da parte sua, Eni non ha mai approfondito queste ipotesi, dopo un iniziale e ormai tramontato accordo firmato nel 2019 con Regione Toscana e Alia , ovvero il gestore unico dei servizi d’ igiene urbana nell’ Ato Toscana centro; a torto o a ragione, in questo caso a far tramontare la transizione all’ economia circolare della raffineria fu proprio il riferimento alla gestione di rifiuti prodotti al di fuori del perimetro costiero (Ato Toscana costa) in cui la raffineria ricade. Adesso però potrebbe aprirsi una nuova prospettiva, vista l’ ennesima crisi che sta attraversando l’ impianto di Stagno e la contemporanea carenza d’ impianti per gestire i rifiuti – urbani e speciali – prodotti all’ interno dell’ Ato costiero . Nei giorni scorsi è stata infatti presentata, da parte della Scuola superiore Sant’ Anna di Pisa e da NextChem , la proposta di realizzare Distretti circolari verdi all’ interno di aree industriali in declino, da portare a nuova vita grazie alla transizione verso l’ economia circolare (incentrata in questo caso sul riciclo chimico, in grado di recuperare idrogeno e carbonio da rifiuti non riciclabili come Css e plasmix). La raffineria Eni di Stagno, grazie al know-how industriale ancora presente e la contemporanea disponibilità di importanti poli logistici nelle immediate vicinanze, sembra il candidato naturale per vagliare la nascita di un Distretto circolare verde, ma solo se stavolta le istituzioni stavolta sapranno guidare concretamente la transizione.

FONTE: www.greenreport.it